IL PERIODICO “LUCIANO MANARA” COMPIE UN SECOLO! AUGURI!

Il primo vagito di un periodico mensile edito dalla milanesissima sezione “Manara”  porta la data del giugno 1921. Suo primo direttore fu Ferdinando Pedrazzini, che guidò la nuova testata dal nome, guarda caso, “Il Bersagliere”. Editrice era la tipografia Cordani, che lo stampò fino al 1938. Gli episodi narrati non mancavano: lo spirito di Corpo e i fatti di una guerra vittoriosa erano di prassi. A Pedrazzini si affiancò il giornalista Cesare Galimberti e, nel 1929, alla direzione responsabile subentrò Mario Mandosio, scrittore e ottimo oratore. Dal 1921 al 1933 furono numerosi i soci che collaborarono con pezzi e/o corsivi ironici. Fra essi ricordiamo “Chicchirichì” (Gani), Biubù (Bianchi), Il Favo Maligno (Favi). La nuova testata con il cappello piumato (opera del bers. Cisari) che ancora oggi troneggia sul periodico, apparve il 1° gennaio 1931. E la tiratura, con diffusione alle 27 sezioni della provincia di Milano era, udite udite, di ben 1.800 copie. Ma, troppo bello per Milano e male per l’ invidiuzza romana, il periodico dovette cessare le sue uscite. Infatti, nell’agosto 1937, per ordine della Sede Nazionale, il giornale milanese chiamato “Bollettino Sociale” dovrà lasciare il passo alla pubblicazione nazionale “Il Bersagliere” ma edita a Roma per tutte le sezioni d’Italia.

Milano però non si arrende. Non posso pubblicare un giornale? Benissimo allora lo chiamerò “Programma Circolare”. Fatta la legge, trovato l’inganno! E il “Programma Circolare” dei bersaglieri manarini uscirà nel 1938. Unica rinuncia (temporanea), il cappello piumato sulla testata. A stamparlo, fino al 1943, è la tipografia milanese di via Salasco. Tra i fedeli e illustri collaboratori, ricordiamo il col. Gianturco, Cavallotti, Contri, e Nino Tramonti.

Nel 1945, chiamati a raccolta i bersaglieri sbandati e delusi per il noto evento bellico, il periodico rivede la luce con il… cappello piumato in testa e il nome “Luciano Manara”. La direzione è affidata a Ugo Bianchi e Priamo Favi (il “Favo maligno”). Nel 1949, alla direzione si avvicenda Bollini e fra gli articolisti avremo Fermo Roggiani (noto scrittore e poeta milanese), Dante Mercalli, Amoroso, Fazi, Livraghi, il col. Tarsia e i fratelli Agostino ed Enzo lauro. Le frequenti caricature che appaiono sono opera di Albertella. Alla fine del 1952, presidente della “Manara” il grande Giuseppe Follini, le edizioni sono della Litografica Monviso e il giornale assume le dimensioni del formato in uso ai quotidiani (prima era di cm. 25 X 36). Dal 1958 la direzione è affidata ad Agostino Lauro, al quale si unirà il fratello Enzo. Nel marzo 1982 muore Agostino Lauro, e la direzione passa dal 1983 nelle mani del fratello Enzo Lauro, il quale curerà la guida della rivista fino al 1997, data in cui subentrerà alla direzione lo scrivente che, nella primavera del 2017, cederà il testimone al bersagliere Piero Dragan. Dal 1986, la rivista “Luciano Manara”, con il titolo “Uniforme nuova” abbandonò il formato simil-quotidiano per approdare all’attuale formato di cm. 21 x 30.

Gli anni Ottanta e Novanta sono caratterizzati da un periodico “Luciano Manara” assai sbarazzino, al di fuori dagli schemi della genuflessione al conformismo, per controbattere pacifismi, istituzioni che calano le braghe, o dedicare sferzanti ironie anche alle Forze Armate quando si piegavano ad atteggiamenti poco decorosi per accontentare antimilitarismi di vario genere e tipo. Insomma una piccola e mordace “nave corsara” che qualche volta ha anche ricevuto bonari ammonimenti da Roma. Ma questo è il bello della libera stampa. Quella che si fa a gara per leggerla, quella che non annoia o stucca di autocelebrazione. Sono rimasti storici e di pregio gli ampi servizi dedicati a tutti i battaglioni bersaglieri esistenti negli anni Novanta, le apprezzate rubriche destinate alle “Consorelle d’Arma”, raccontando la loro storia e le loro peculiarità, così come i pezzi su “Bersaglieri alla ribalta”, ovvero commilitoni che avevano acquisito notorietà nella vita politica o culturale della nazione. E, ancora, nobilitarono il giornale le preziose testimonianze dei veterani del Terzo di Russia, quali Hermes Stringo, Dante Mercalli ed Emilio Vio. Insomma, era un trovare sempre argomenti di vita vissuta, battaglie di civiltà, ironie verso chi le merita… Ma mai, dicasi mai, tediare il lettore nel raccontare cose scontate o autoreferenziali. Questo è ciò che mi auguro possa continuare ad esistere nel DNA del periodico della Sezione Ambrosiana: un giornale, forse un po’ ribelle e a volte scomodo, ma sempre in prima linea a difendere l’Italianità, la Bandiera e il Bersaglierismo. Anche quando se ne dimentica la Repubblica…

                                                                                              Daniele Carozzi