DE ALESSANDRI GIOVANNI

Nato a Milano

11° Bersaglieri

Chiamato alle armi il 12 gennaio1915, partecipava alla Grande Guerra con l’11° bersaglieri rimanendo ferito nel luglio successivo. Promosso Sottotenente di cpl. nell’ottobre 1916 e assegnato al 16° b., un anno dopo venne trasferito nel Reale Corpo Truppe Coloniali della Libia e destinato al XIII btg. Eritreo ove fu promosso Tenente. Rimpatriato nel maggio 1919, poco dopo venne collocato in congedo. Richiamato in servizio nell’aprile 1928, nel giugno 1929 passava col suo grado dai ruoli dell’Esercito a quelli di complemento dell’Aeronautica R.S.. Promosso Capitano nel luglio1931. In seguito a un processo subito a Bologna nel 1935 veniva destituito di grado, Ansioso di redimersi, ottenne di essere inviato, come semplice soldato in A. O. e, incorporato nel 3°rgt. f. della Divisione “Peloritana”, raggiungeva il reggimento sbarcando a Mogadiscio il 19 giugno 1936. Soldato scelto il 1°agosto 1936, Caporale il 20 settembre e Caporal Maggiore nel dicembre successivo, entrava a far parte della Banda “Pellizzari” ove gli veniva affidato il comando di una Centuria. Con R. D. 25 aprile 1938, veniva riabilitato e reintegrato nel grado di Capitano con decorrenza 20 gennaio 1937.

MOTIVAZIONE

«Capitano retrocesso volontario in Africa Orientale volle con fermo costante proposito redimersi e gettare fra il passato e il presente il suo corpo a prova del pentimento a purificazione dello spirito per lasciare all’adorata figlia un nome onorato. Pregò il superiore di affidargli posto d’onore, pregò il destino di aiutarlo alla meta. Al comando centuria di una banda la comandò in modo ammirabile, esempio di coraggio, freddo sprezzo del pericolo, sempre in piedi temerariamente sfidando la morte che desiderava come purificatrice. Rimproverato alla vigilia di un aspro combattimento dal comandante perché nella lotta si esponeva troppo, estraendo dal portafoglio il ritratto della figlia “lo giuro su questa” disse “ch’ella non avrà a lamentarsi di avermi ricevuto alla banda. Non ci sarà nessuno domani davanti a me e farò vedere come combattono gli italiani”. E mantenne la promessa. In un furioso attacco contro un nido di mitragliatrici scatta per primo, si lancia con pugnale e bombe a mano e ferito più volte cadono i suoi intorno a lui ma in ultimo sforzo giunge all’arma nemica, pugnala il tiratore e col nome della figlia sulle labbra sorridente si abbatte. Il corpo è crivellato di ferite, l’anima è in cielo, il nome è di un eroe.»
— Chevenna, 20 gennaio 1937[