ENRICO TOTI – Centenario della morte

Nel quadro delle previste attività per il centenario della morte del mitico Bers. Enrico Toti da svolgersi a Monfalcone nel periodo 21-25 settembre 2016, si riporta  un reportage storico del 1932, acquisito ed inviato dal Pres.Reg.ANB FVG Pino Iacca, per opportuna e preventiva divulgazione.

CON I BERSAGLIERI UDINESI A QUOTA “ENRICO TOTI”

(Articolo tratto da Il Popolo del Friuli del 8 agosto 1932)

 

Sedici anni sono trascorsi dal giorno in cui, un fante piumato, classica figura dell’eroismo del popolo italiano, trovava gloriosa morte sulle aride rocce di quota 85 che ieri al suo eroico 248px-Enrico_Totiuomo venne consacrata per volere del Duce. Su questa quota, testimone di battaglie cruenti, dove la terra non bastò per seppellire tutti i prodi, si sono dati convegno i bersaglieri in congedo di tutta la Venezia Giulia, per glorificare la forza e la virtù immortale del nostro popolo che sotto la guida del Re Soldato e del suo Duce, sa sempre trovare la primavera per la sua grandezza, per la sua potenza.

In questa atmosfera fu rinnovato l’atto di fede e di offerta alla grande ed amata nostra Patria.

Bersaglieri udinesi «Presente»

Alla significativa ed imponente adunata di «fiamme cremisi» convenute da Trieste, da Gorizia, da Fiume, da Pola e da Padova con i loro labari decorati di numerose medaglie al valore, parteciparono pure gli ex bersaglieri della fiorente sezione di UdineVeramente, il col. cav. Giusto Venier presidente della Sezione mi faceva osservare ieri — mentre con passo gagliardo, malgrado l’età, non più verde, si accingeva a salire l’aspro sentiero che porta a quota 85 — che gli « ex bersaglieri» non esistono, esistono i bersaglieri.

L’affermazione è esatta. Il col Venier, che, con spirito agile ed appassionata dedizione, ha saputo informare durante il breve tempo, dacché gli furono affidate dall’on. Melchiorri le sorti della Sezione «Lamarmora» di Udine, nuova freschezza di energia nelle file dei soci, ha condotto ieri a Monfalcone per compiere un rito d’amore e di fede, non una rappresentanza di soldati anziani, ma un saldo, giovanile, vibrante duplice centuria di autentici bersaglieri, irresistibili sotto l’ala fremente del cappello piumato, con la fanfara in testa ed il labaro, su cui spiccano ben tre medaglie d’oro al valore.

Ex bersaglieri! No, Bersaglieri sempre. Quando si è servita la Patria nei ranghi dei figli di Lamarmora, si rimane bersaglieri tutta la vita. — Che cosa fa il bersagliere dopo morto?— soleva domandare ai suoi barbuti ragazzi il prode fondatore del Corpo e i ragazzi rispondevano — Fa quattro salti mortali e parte a passo di corsa verso l’avvenire

I “sempre giovani”

Figuratevi, dunque, se dei bersaglieri di trenta, di quaranta, e di cinquanta o più anni, come quelli che il col. cav. Venier ha fatto sfilare di corsa, per le vie di Monfalcone dinanzi al Generale Fara, alla medaglia d’oro on Giulietti, al generale PirzioBiroli ed altri, possono soffrire di sentirsi sempre chiamare «ex».

«Ex»: parola che vuol dire tempo passato, ardimento messo in pensione, visi di donna che sorridono sbiaditi nella memoria. Bersagliere: parola italiana che significa tempo presente, ardimento sempre pronto, spirito di conquista.

I bersaglieri della Sezione di Udine — baldanza di portamento, eleganza di uniforme e soprattutto entusiasmo e vivacità — hanno avuto ancora una volta la prova del loro fascino immutabile, anche se al di sotto di più di una piuma nera, è spuntato qualche capello argenteo.

Le borgate ridenti, tutte ridenti di sole della piana friulana, hanno salutato con « alala!» e con grida festose la rumorosa, simpatica e numerosa brigata bersaglieresca disposta su un corteo di automobili e torpedoni.

L’ottima fanfara capitanata dal sergente dei bersaglieri Odorico Tell, con i suoi squilli elettrizzanti, manda in visibilio non solo le donzelle, ma pure i giovani e i vecchi che assistono al rapido passaggio.

A quota “Enrico Toti”

Alle ore 9 dalla Piazza centrale di Monfalcone autorità, rappresentanze e bersaglieri muovono verso «Quota Enrico Toti».

È una fila lunga che si snoda sull’aspro e ripido sentiero: numerosissimi i gagliardetti, i labari, le bandiere della Patria. In mezzo alla folla, salgono lenti, silenziosi molti di coloro «che hanno fatto la guerra»; c’è ne son, di coloro che conobbero quelle posizioni palmo palmo, per dura esperienza; c’è anche «qualcuno che visse i tremendi giorni dell’azione del 6-7 agosto 1916 EnricoTotsvoltasi proprio per la conquista dì «quota 85» azione nella quale trovò appunto gloriosa morte Enrico Toti. L’episodio ce lo ricorda, semplicemente, ma con voce che tradisce l’intima commozione, il sergente Mario Mazzoli della Sezione bersaglieri di Udine. Era allora caporale del 3° Reggimento Bersaglieri, nella stessa squadra di Toti. Non vide egli cadere l’eroe, perché prima di lui una insidiosissima pallottola nemica lo ferì gravemente al petto.

Nel riandare dei ricordi, su quei luoghi che hanno conosciuto gli eroismi ed i sacrifici ove tanti suoi compagni sacrificarono l’età più bella per un grande ideale, i suoi occhi si velano di una profonda nostalgia.

L’aspetto aspro e tormentoso dei luoghi di guerra, prende qualche volta — anche per chi troppo lo conobbe — forme di improvvisa dolcezza, specie là, dove l’amore fraterno ha saputo portare un soffio commovente dei suoi più nobili sentimenti. Enrico Toti, l’eroe leggendario doveva essere felice ieri nel sentirsi così dolcemente vicino ai suoi compagni, custodi gelosi del suo eroismo. Ma quanti altri dormono lontani dai loro cari, senza che alcuno, la mamma, la sposa, una persona amica, si siano mai recati a deporre un fiore sulla loro tomba.

Ed aspettano: quelli che portano un nome e l’immensa schiera degli sconosciuti; sono tutti figli nostri, sono tutti fratelli nostri che attendono il modesto di un fiore che parli loro di un amore lontano e che su di loro faccia almeno per un ultimo alitare il profumo dei boschi e dei campi, ove sbocciò la loro prima giovinezza. Perciò, più frequenti dovrebbero essere i pellegrinaggi ai luoghi dove fu disputata, tenacemente ed aspramente la guerra.

La cerimonia

Tutt’intorno al cippo che eterna la gesta leggendaria di Enrico Toti, eretto quasi sul posto ove egli esalò l’ultimo respiro. Si raccolgono le autorità e le rappresentanze. Sono presenti alla commovente cerimonia la medaglia d’oro generale Gustavo Fara, vice presidente dell’Associazione Nazionale Bersaglieri, la medaglia d’oro on. Console generale comm. Giulietti, il generale Pirzio Biroli comandante la Divisione Militare di Udine, il console cav. Felici comandante la Milizia Forestale di Udine, il comm. Venditelli Vice Prefetto di Trieste, il sen. Pitacco Podestà di Trieste, il generale Vacca Muggiolini comandante la Divisione di Trieste per S.E. il comandante del Corpo d’Armata, il gen. Francavilla Presidente del Tribunale Militare di Trieste,il col. Muller dell’11° Bersaglieri, il podestà di Monfalcone; i rappresentanti i comuni Gorizia,Fiume, Pola, Zara e moltissime altre personalità. Accanto alle «fiamme cremisi» fraternizzano le rappresentanze delle varie altre associazioni combattentistiche; volontari di guerra, artiglieri, alpini, fanti e granatieri.

Accanto alle principali autorità sono la signora Emma, sorella dell’eroe, con i figli Lamberto e Rosita.

Di fronte al cippo è eretto un altare da campo, ove mons. Giacomuzzi, capitano dei bersaglieri in guerra, decorato al valore e presidente della sezione bersaglieri in congedo di Portogruaro, celebra la Messa. Al vangelo il sacerdote dice elevate e commosse espressioni esaltando il sacrificio dei prodi caduti e l’eroismo di Enrico Toti al quale — egli dice — da oggi s’intitola la quota 85 che ebbe il supremo compito di raccogliere il suo ultimo sospiro, di assorbire e custodire gelosamente nel suo materno seno, il generoso sangue da lui versato.

Il messaggio dell’on. Melchiorri

Terminato il sacro rito, sale in cima al cippo, la medaglia d’oro on. Giulietti, il quale con voce robusta legge il seguente messaggio inviato dall’on. Melchiorri presidente generale dell’Associazione Bersaglieri.

« Caro Giulietti, affido a te ed all’intrepido generale Fara l’incarico di portare ai bersaglieri della Venezia Giulia, il mio più caloroso saluto.

Forse mai mi è dispiaciuto tanto di non essere ad una cerimonia, quanto in questa solenne occasione, nella quale «quota 85» diviene — per volontà del Duce — «Quota Enrico Toti». Solo la presenza del generale Gustavo Fara, eroe tra gli eroi, e la tua presenza mi confortano nel pensiero che alla cerimonia, che assurge ad una importanza e ad una tonalità eccezionali, il Comitato centrale sarà più che adeguatamente rappresentato.

Porta ai bersaglieri della Venezia Giulia, il mio saluto entusiastico, commosso fraterno. Dì loro che dall’esempio del grande Eroe popolare, essi devono trarre ammonimento e incitamento. E aggiungi — con le parole che sgorgano sincere, sentite dal tuo cuore che li attendo a Roma, attorno al Duce, ad esaltare, nel Monumento che inaugureremo a Porta Pia, tutte le glorie e le tradizioni del nostro Corpo.

Affettuosamente. Melchiorri.»

La medaglia d’oro Giulietti, quindi, dopo aver porto un saluto ai bersaglieri ed a tutti i prodi, caduti della guerra, con vibrante parole, esalta la figura di Enrico Toti figura che sarà ricordata nei secoli, e con l’Eroe intende esaltare tutte le mirabili virtù del soldato italiano. Ricordato che «Quota 85» non sarà più un numero, ma bensì un nome caro a tutti gli italiani, esalta lo spirito di sacrificio dei 600.000 Caduti e conclude con vibranti espressioni d’amore e di fede nei destini della Patria, di devozione e di disciplina verso il Re e verso il Duce.

Prima che il raduno si sciolga, il gen. Fara sale pure lui malgrado i suoi settantasette anni sul cippo per pronunciare nobili parole di incitamento, improntate al più generoso ed impetuoso spirito bersaglieresco.L’Eroe dell’Eritrea, della Libia, del Carso e del Piave è accolto da vibranti alalà lanciati ripetutamente dai bersaglieri che vedono in lui «il buon papà», il prode comandante, tipico figlio di Lamarmora. Nel limpido azzurro salgono, altissimi gli squilli delle fanfare bersaglieresche.

La visita a Monfalcone

La cerimonia è così compiuta. Si ritorna nuovamente a Monfalcone, ove sulla Piazza del Duomo il gen. Fara e le altre autorità passano in rivista le sezioni bersaglieri ivi convenute per la manifestazione. Lo schieramento avviene, naturalmente a passo di corsa tra la viva ammirazione dei cittadini che si affollano tutt’intorno al vasto spiazzo mantenuto sgombro da carabinieri e agenti di P.S. Ivi si raccolgono pure tutte le rappresentanze con vessilli.

Chiude la sfilata il gruppo dei bersaglieri udinesi accolto da un lungo e caldo applauso da parte del pubblico ammirato per il comportamento, per la vivacità squisitamente bersaglieresca. Il col. Cav. Venier, coi suoi collaboratori accanto — Marchesini, Pagani, Cerruti, Del Pup, Tell, Gallina e Migliorini — si mette pure in linea assieme ai suoi bersaglieri.

Il gen. Fara, passando dinanzi alle due centurie di bersaglieri udinesi, si sofferma per esprimere al col. Venier tutta la sua ammirazione, il suo compiacimento per la disciplina ed il baldo comportamento rilevati, magnifico esempio di virtù bersaglieresche. L’ambito riconoscimento del generale Fara è suffragato pure dalle lodi espresse dalla medaglia d’oro Giulietti, del gen. Pirzio Biroli e da altre personalità.

Sulla piazza centrale segue poscia, la sfilata dei reparti a passo di corsa ed al suono delle fanfare. II convegno quindi si scioglie e i bersaglieri sciamano per la ridente cittadina ammantata di tricolori.